Macintosh Icons
Susan Kare (1983)
Il design non è una scienza esatta, non c'è mai un'unica risposta "giusta". Continuo a pensare a quale potrebbe essere un'icona senza tempo per l'azione "salva" non legata a un pezzo di hardware come un floppy disk o un'unità disco. Baule del tesoro? Ancora? Tassidermia? Contenitore?
La cosiddetta "metafora della scrivania" - l'ambiente di lavoro basato sulle icone, con documenti, cartelle, un cestino per buttare via ciò che non serve più e un pannello di controllo - è oggi la modalità più comune per interfacciarsi a un computer. Una astrazione radicata nel nostro vissuto tecnologico al punto da essere scontata, quasi fosse sempre esistita. In realtà, i concetti base dietro le moderne interfacce grafiche, hanno avuto una lunga evoluzione, con almeno tre tappe fondamentali.
Il 9 Dicembre del 1968, alla conferenza autunnale della "ACM/IEEE Computer Society" (una iniziativa congiunta della "Association for Computing Machinery" e dell' "Institute of Electrical and Electronics Engineers") l'ingegnere Douglas Engelbart tenne una presentazione sul suo progetto di ricerca: l'"oN-Line System", una suite di strumenti software concepita per "aumentare l'intelligenza umana" sviluppata a partire dal 1962 con il supporto del dipartimento della difesa.
Il framework proposto da Engelbart includeva per la prima volta, in una visione d'insieme coerente, strumenti sperimentali o inediti come il prototipo di un moderno mouse, una interfaccia grafica concettualmente organizzata "a finestre", navigazione ipertestuale dei contenuti e un sistema di videoscrittura collaborativo.
l'"oN-Line System", probabilmente troppo innovativo per le tecnologie dell'epoca, non ebbe un seguito significativo, ma la presentazione di Engelbart influenzò le ricerche successive, che culminarono nel sistema sperimentale XEROX "Alto", realizzato all'inizio degli anni '70 dal centro di ricerca della XEROX e utilizzato esclusivamente all'interno degli stabilimenti dell'azienda.
Come è noto, questo prototipo influenzò la prima generazione di sistemi commerciali dotati di interfaccia grafica, e in particolare i nuovi modelli di computer della Apple, il "Lisa" (1983) e il suo successore più popolare, il "Macintosh" (1984).
L'idea di Apple per il Macintosh era quella di un sistema dotato di una interfaccia grafica carina e amichevole, destinato a una vasta utenza priva di conoscenze tecniche, e al tempo stesso adatto per l'utilizzo in contesti creativi come la grafica e l'editoria.
Il team di persone messo insieme per lo sviluppo del nuovo sistema fu cucito su questo concept. Alla guida del gruppo c'era Jef Raskin: impiegato Apple numero 31, Raskin era un informatico specializzato nel campo dell'interazione uomo-computer e con un background di studi in matematica, fisica, musica e filosofia. Le altre persone dietro al primo Mac formavano un gruppo eterogeneo con le competenze più disparate.
Tra gli ultimi arrivati, Susan Kare, una giovane artista di Ithaca (New York) che in quel momento stava lavorando nel campo della scultura.
Grazie a lei, il nuovo ambiente grafico fu dotato di un nuovo set di caratteri adatti alla stampa. Fino a quel momento, infatti, nella maggior parte dei sistemi i caratteri erano "a spaziatura fissa", una impostazione particolarmente adatta ai terminali testuali, in cui è il rettangolo del cursore a definire la spaziatura (e perciò la I occupa lo stesso spazio di un carattere più largo come la E). I set di caratteri a spaziatura variabile disegnati da Susan Kare furono concepiti per far si che il testo a video assomigliasse a quello di un libro stampato.
Tra gli altri suoi numerosi contributi allo sviluppo della prima generazione di Mac troviamo le illustrazioni di esempio per il programma "MacPaint" - come la bellissima riproduzione di una xilografia giapponese di Goyō Hashiguchi - e per il suo manuale e, naturalmente, l'intero insieme di icone del sistema, che più di ogni altra cosa rappresenta la personalità del Mac agli occhi del suo utilizzatore finale.
Nel periodo iniziale dello sviluppo dell'interfaccia grafica del Mac, non esisteva uno strumento software utilizzabile per creare le icone direttamente con il computer. In questa fase, tutto il lavoro di Susan Kare è stato svolto colorando i blocchi di un comune quaderno a quadretti da 2,50$. I disegni venivano in seguito "trasportati" sul computer a mano, modificando il codice esadecimale nella rappresentazione digitale di una griglia di pixel.
I visitatori della mostra "bin/art" sono incoraggiati ad esplorare il primo ambiente operativo del Macintosh, soffermando lo sguardo sullo schermo per ammirare questi minuscoli capolavori di comunicazione, design e minimalismo grafico.
Credits
Opere originali | Susan Kare | 1983 |
Restauro sistema Macintosh Plus | Gabriele Zaverio | 2018 |
Setup e ricostruzione software | Emiliano Russo | 2018 |